Le storie di One Team: l’importanza dello sport come luogo in cui allenare le parti migliori di sé e superare le sfide più difficili

Storia di One Team 1: “L’ultimo fiore che sboccia è il più bello e raro di tutti”

La prima ad arrivare agli allenamenti e l’ultima ad andare via. R. È una studentessa impeccabile, attenta precisa e sempre positiva. Un elemento prezioso nel gruppo One Team. Lo sport per lei è un modo per raccontarsi, la sua identità non è ancora definita ma le parole sono difficili da usare e il pallone tra le mani può aiutare anche i più timidi a dire molte cose. R. Quando si allena parla della sua curiosità del suo entusiasmo. Si può dire che R. È tutta cuore quando entra in palestra. Nel basket è ancora un grazioso bocciolo in attesa di fiorire, non è portatrice di talento ma la squadra ha bisogno del suo grande cuore, e il suo bocciolo rende armoniosa la chioma di tutto l’albero one team. Anche per R. Il progetto One team è stata tuttavia un’occasione di scoperta e di rivincita: il grande allenatore di Rugby Dominguez mentre provava a far giocare la squadra abituata alla palla a spicchi con la palla ovale ha notato R, non ha notato la sua bravura o la sua velocità, Dominguez ha notato il suo grande cuore, quando un giovane sportivo è appassionato non c’è nulla che possa fermarlo e la sua passione e il suo impegno lo rendono più campione di chi ha talento. Le gambe buone o i piedi buoni non sono sufficienti per diventare grandi nello sport e nella vita ci vuole la testa buona. Grazie allo sport R. Sa cosa nella vita è veramente importante per vincere. E quell’incontro ha dato a R. Ancora più energia per affrontare la sfida più difficile per i ragazzi di questo quartiere: crescere e coltivare sogni.

Storia di One Team 2: “Io ti vedo”

Ci sono ragazzi che fanno parlare di se, attirando l’attenzione con dispetti e prese di posizione, per non parlare di chi sono e di cosa sentono dentro. Recitano un copione per essere visti, il più delle volte sotto una luce negativa, quello che importa è essere visti. Quando A. È entrato in palestra il suo scopo era palesemente distruttivo, ogni esercizio era interrotto a metà e ogni volta che veniva richiamato al rispetto della regola la provocazione veniva rinforzata. Tutto era inutile e tutti erano inutili per lui…lo sguardo attento di un allenatore che è formato per andare oltre la prestazione e oltre le linee del campo ha visto la sofferenza di A, ha percepito il suo senso di inutilità mascherato dietro atteggiamenti aggressivi e provocatori. L’allenatore in campo non si fa condizionare dalla storia di chi ha davanti, ma dandoti un pallone ti offre occasione per dire in quel Momento chi vuoi essere. È stato difficile accendere in A. Il desiderio di essere migliore, è stato importante che il suo allenatore dedicasse ad A. parole e ascolto senza mai cedere all’utilizzo dell’indifferenza. Il basket per A. È stato un’occasione per sbagliare e per porre rimedio ai propri errori, il basket è stata la sua seconda possibilità per sentire la sua essenzialità all’interno del gruppo, una squadra esiste perché ogni suo componente è essenziale con la parte migliore e la parte peggiore di sé. Un giorno la squadra è stata portata al palazzetto per assistere agli allenamenti dell’Olimpia, hanno camminato sul parquet dei campioni, si sono seduti sulle panche degli spogliatoi… l’emozione è stata grande e in un momento inaspettato quando per gioco è stata indetta una conferenza stampa in cui gli allenatori intervistavano i ragazzi A. Ha chiesto la parola: non ha parlato di sé non si è calato nel ruolo di piccolo grande campione denigrando i compagni ma le sue poche parole hanno risuonato in tutto il palazzetto. ?”questo progetto è speciale, perché fa sentire ognuno di noi speciale e io sono felice di essere qui”. Da quel giorno A. È cambiato, ha cominciato a mettersi in prima fila ad ogni esercizio, ha cominciato ad aiutare i compagni e a giocare insieme a loro, ha preso l’abitudine di sedersi vicino all’allenatore e spesso si è preso la responsabilità di richiamare all’ordine la squadra. A. Abituato a sentirsi etichettato come l’elemento di disturbo in classe e come figlio problematico, in campo si è sentito visto per ciò che è davvero, un ragazzo di 12 anni a cui piace giocare a basket e di cui la sua squadra non può fare a meno. One team regala momenti che possono cambiare prospettive e creare direzioni di crescita. La storia di A. Rinnova l’importanza dello sport come palestra di vita, come luogo in cui allenare le parti migliori di sé.

Storia di One Team 3: “Difesa a zona”

R. è sempre stata una ragazza molto timida, che prima di entrare in palestra o di andare a fare un tiro chiedeva il permesso all’allenatore. Un corpo imponente, l’aspetto un po’ trasandato, i capelli neri sempre davanti agli occhi quasi a nascondersi da tutto e da tutti. E poi quel suo sorriso, una difesa dall’imbarazzo, o una matura forma di resilienza. R. non avendo gli strumenti per difendersi dalle prese in giro di alcuni compagni, che a 12 anni si fermano all’aspetto esteriore delle persone e non vedono altro, ha condotto parte del suo percorso One team a latere del team, dentro il campo ma mai troppo dentro alla squadra in una posizione di difesa, quasi una inconsapevole difesa della sua zona, dei suoi sentimenti e delle sue insicurezze. Lo sport però ha un grande potere, quello di appiattire le differenze, le regole sono uguali per tutti e un canestro ha grande valore fatto da chiunque. R. è venuta ad allenarsi sempre, armata del suo dolce sorriso come risposta alle difficoltà di crescere in fretta, con figure di riferimento poco presenti, pochi stimoli e una bassissima considerazione di sé stessa. Nel basket non devi essere bello ma devi essere bravo, preciso nei passaggi veloce a correre, dinamico nei salti sotto canestro, coraggioso nell’affrontare un avversario uno contro uno. R. ha scoperto di essere forte e brava, di potersi misurare con i compagni più fastidiosi attraverso il corpo e la competenza che lo sport ti da’. Oggi R. è molto più fiduciosa dei propri mezzi, oggi entra in campo decisa, parla di sé stessa e con il suo sorriso racconta voglia di esserci e gioia, con la sua divisa sente di essere al pari agli altri. E in certi momenti un esempio. Lo sport per i ragazzi che Olimpia e Laureus intercettano è l’occasione per abbattere e raggirare la propria difesa a zona e spinge in fretta i giocatori all’attacco a caccia di punti

One Team stories: the importance of sports as a place to train the best parts of oneself and overcome the most difficult challenges

One Team 1st story: “The last flower to bloom is the most beautiful and rare of all.”

The first to arrive at practice and the last to leave. R. She is an impeccable student, caring, precise and always positive. A valuable element in the One Team group. Sports for her is a way to tell her story, her identity is not yet defined but words are hard to use and the ball in her hands can help even the most shy to say many things. R. when she trains she talks about her curiosity of her enthusiasm. You can tell that R. is all heart when she enters the gym. In basketball she is still a pretty bud waiting to bloom, she is not a carrier of talent but the team needs her big heart, and her bud makes the foliage of the whole one team tree harmonious. However, even for R. the one team project was an opportunity for discovery and revenge: the great Rugby coach Dominguez while trying to get the team used to the ball to play with the oval ball noticed R, he didn’t notice her skill or her speed, Dominguez noticed her big heart, when a young sportsman is passionate there is nothing that can stop him and his passion and commitment make him more of a champion than the talented. Good legs or good feet are not enough to become great in sports and in life you need a good head. Thanks to sports, R. knows what in life is really important to win. And that meeting gave R. even more energy to face the most difficult challenge for kids in this neighborhood: growing up and cultivating dreams.

One Team 2nd story: “I See You”

There are kids who make a big deal out of attracting attention with spites and stances, not to mention who they are and what they feel inside. They act out a script to be seen, most often in a negative light, what matters is to be seen. When A. entered the gym his purpose was blatantly destructive, every exercise was interrupted in the middle, and every time he was called back to compliance the provocation was reinforced. Everything was useless and everyone was useless to him…the watchful gaze of a coach who is trained to go beyond performance and beyond the lines of the field saw A’s suffering, sensed his sense of worthlessness masked behind aggressive and provocative attitudes. The coach on the field does not get influenced by the history of those in front of him, but by giving you a ball he gives you opportunities to say in that moment who you want to be. It was difficult to ignite in A. the desire to be better, it was important for his coach to dedicate words and listening to A. without ever giving in to the use of indifference. Basketball for A. it was an opportunity to make mistakes and to remedy his mistakes, basketball was his second chance to feel his essentiality within the group, a team exists because each of its members is essential with the best and the worst part of themselves.

One day the team was brought to the arena to attend Olimpia’s practice, they walked on the parquet of champions, sat on the benches in the locker room… the excitement was great and in an unexpected moment when for fun a press conference was called in which the coaches were interviewing the boys. A. asked for the floor: he did not talk about himself did not step into the role of a little big champion denigrating his teammates but his few words resonated throughout the arena. “This project is special because it makes each of us feel special and I am happy to be here.” Since that day A. changed, he started to stand in the front row at every practice, began to help his teammates and play along with them, got into the habit of sitting next to the coach and often took responsibility for calling the team to order. A. accustomed to feeling labeled as the disruptive element in the classroom and as a problem child, on the court he has felt seen for what he really is, a 12-year-old boy who likes to play basketball and whose team cannot do without him. One team gives moments that can change perspectives and create directions for growth. A.’s story renews the importance of sports as a life gym, as a place to train the best parts of oneself.

One Team 3rd story: “Zone Defense”

R. has always been a very shy girl, who would ask permission from the coach before entering the gym or going for a shot. An imposing body, a somewhat unkempt appearance, her black hair always in front of her eyes almost hiding from everything and everyone. And then that smile of his, a defense against embarrassment, or a mature form of resilience. R. not having the tools to defend herself from the teasing of some of her teammates, who at 12 years old stop at the outward appearance of people and see nothing else, led part of her One team path on the sidelines of the team, inside the field but never too much inside the team in a defensive position, almost an unconscious defense of her zone, her feelings and her insecurities. Sports, however, have the great power of flattening differences, the rules are the same for everyone and a basket has great value made by anyone. R. came to train all the time, armed with her sweet smile as a response to the difficulties of growing up fast, with little reference figures, little stimulation and very low self-esteem. In basketball you don’t have to be pretty but you do have to be good, accurate in passing, quick to run, dynamic in jumping under the basket, courageous in facing an opponent one-on-one. R. has discovered that she is strong and good, that she can measure herself against more troublesome teammates through her body and the competence that sport gives you. Today R. is much more confident in her own means, today she enters the field assertive, talks about herself and with her smile tells of desire to be there and joy, with her uniform she feels she is equal to others. And in certain moments an example. Sports for the boys that Olimpia and Laureus intercept is an opportunity to break down and cheat their zone defense and quickly pushes players to the attack in pursuit of points.

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